Desideriamo concludere nel miglior modo il nostro anno parlando del DIAMANTE!
Non preoccupatevi, la nostra rubrica sulle pietre, proseguirà anche nel 2018 grazie al prezioso aiuto del nostro carissimo ed esperto Naturopata ENRICO CASATI!
… Siamo giunti all’ultimo mese dell’anno, quello in cui cade il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno per il nostro emisfero; esso precede però di tre giorni il Natale, festa della Luce, ben rappresentata dall’immagine della stella cometa.
Per questo motivo la scelta della pietra diventa praticamente obbligata: il diamante, comunemente chiamato brillante, proprio per la sua caratteristica e particolare luminosità.
Il punto energetico abbinato al diamante è quello situato alla sommità del capo, il settimo chakra, il chakra della Corona. Esso rappresenta il nostro punto di contatto con le energie del cielo, e prende il nome dalla corona che veniva portata dai sovrani a indicare la loro regalità.
In antichità il re si poneva come intermediario tra il popolo e la divinità, e si credeva che una corona tempestata di pietre potesse conferirgli l’energia per mantenere una mente lucida, per adempiere nel migliore dei modi ai doveri che questo ruolo richiedeva.
Per ogni uomo il settimo chakra è il luogo in cui l’individuale e il sovra-individuale si incontrano, proprio come la festività del Natale ci ricorda ogni anno.
Da un punto di vista energetico il diamante ha azione a livello mentale, infondendo maggiore sicurezza di sé ed aumentando l’autostima, attivando le capacità intellettuali ed intuitive; esso ha effetti anche a livello fisico, come, ad esempio, la riduzione dell’infiammazione ghiandolare, il rafforzamento della vista, benefici sul sangue e sui reni.
Il diamante ha un largo spettro d’azione, e ciò è dovuto al fatto che nella sua lucentezza è contenuta l’infinita varietà dei colori, che hanno influenze benefiche simili a quelle di cristalli dal colore più definito e che hanno effetti limitati a singoli chakra.
CONOSCERE IL DIAMANTE
A volte si può fare un po’ di confusione tra diamante e brillante. Il primo è la pietra grezza; il secondo è la pietra tagliata e lavorata seguendo i criteri di un particolare tipo di taglio detto “brillante” che conferisce la massima luminosità alla pietra stessa. Il diamante tagliato viene poi sottoposto ad una accurata analisi gemmologica, in seguito alla quale gli viene assegnata un’ esatta qualificazione da cui deriva un determinato valore commerciale. Il valore di un diamante si definisce soprattutto in base a quattro parametri di classificazione, ossia le famose 4 C dalle iniziali dei termini in lingua inglese:
CARAT – PESO
CLARITY – PUREZZA
COLOUR – COLORE
CUT – TAGLIO
IL PESO
Il peso del diamante è espresso in carati (ct). Un carato si divide in 100 ”punti” (esempio: un diamante da 75 punti pesa 0,75 carati). La parola “carato” ha origine dai semi di carrubo, che avendo la caratteristica di un peso costante, anticamente venivano usati come unità di misura per le pietre preziose, fino a quando il sistema fu unificato ed un carato fissato convenzionalmente a 0,2 grammi (un quinto di grammo).
Da notare che il rapporto peso/valore, a parità delle altre caratteristiche, non è direttamente proporzionale. Cioè se una gemma di 1 carato vale 1000, quella di un peso doppio da due carati, vale invece molto di più di 2000, per via della sua maggiore rarità.
PUREZZA
Il reticolo cristallino del diamante spesso presenta delle interruzioni che possono dipendere da inclusioni di varia natura.
Si considerano diamanti puri quei diamanti tagliati che, osservati con una lente a 10 ingrandimenti, non presentano alcuna inclusione.
Le gemme con inclusioni minori o nulle sono rare, e sono quelle alle quali si attribuiscono le maggiori quotazioni commerciali.
Le imperfezioni esterne, solitamente graffi o mancanze di materiale, non devono essere considerate nella determinazione della purezza, in quanto potrebbero essere rimosse con opportune lavorazioni di ritaglio o politura. Solo un esperto tagliatore può valutare l’opportunità di simili interventi. Essendo comunque caratteristiche che determinano la qualità e conseguentemente il valore del diamante, sono correttamente da indicare in una certificazione della gemma.
IF o LC (internally flawless o loup clean) = puro alla lente, esente da caratteristiche interne a 10x
VVS 1 – VVS 2 (very very small) = inclusioni estremamente difficili da rilevare con una lente a 10x
VS1 – VS2 (very small) = lievissime inclusioni difficili da rilevare con una lente a 10x
SI1 – SI2 (small inclusions) = piccole inclusioni facili da rilevare con una lente a 10x
P1 (I1) (I Piquè) = inclusioni visibili immediatamente con una lente a 10x e difficili da rilevare ad occhio nudo attraverso la corona
P2 (I2) (II Piquè) = inclusioni grandi e numerose, facilmente visibili a occhio nudo attraverso la corona.
P3 (I3) (III Piquè) = inclusioni grandi e numerose, molto facilmente visibili a occhio nudo attraverso la corona. Riduzione sensibile della brillantezza del diamante.
COLORE
Un diamante completamente incolore è molto raro, e risulta perciò più pregiato nella classificazione internazionale.
La qualità del colore si rappresenta con le lettere dell’alfabeto in una scala decrescente a partire dalla lettera D alla Z.
È doveroso un approfondimento circa la natura del colore nel diamante, sul quale sono state avanzate diverse ipotesi scientifiche. Si ritiene che le varie colorazioni siano date dalla presenza di atomi di ferro, titanio, samario e cromo ma non si esclude che esse siano di origine radioattiva. In alcuni diamanti naturali colorati analizzati in laboratorio per mezzo di spettrografi di alta sensibilità è stata riscontrata la presenza di circa 14 elementi differenti. A livello teorico il colore è da considerare un grave difetto con una notevole penalizzazione del valore della pietra ma, quando esso è marcato e caratterizzante, esclude la stessa dalle normali categorie di colore e la inserisce nella classificazione dei cosiddetti diamanti ‘fancies’, ricercatissimi e, di conseguenza, di alto valore.
TAGLIO
Il taglio più utilizzato è quello rotondo “brillante”: 58 faccette, o meglio 57+1, considerando 1 la levigatura della punta del cono inferiore, denominato Culet. Questo taglio è quello che meglio fa risaltare fenomeni della rifrazione e riflessione della luce nel diamante ed è quindi il più apprezzato ed accettato. La forma e la perfezione del taglio assumono un’importanza assoluta nella determinazione del valore di una gemma. Esistono precise proporzioni fra le dimensioni delle varie componenti (tavola, corona, padiglione, cintura) che devono essere rispettate per ottenere il massimo risultato. La classificazione del taglio ha quattro parametri:
VERY GOOD: taglio ottimo, senza alcuna deroga alle tolleranze prescritte
GOOD: buono, con lievi deviazioni alle tolleranze prescritte(inferiori al 5%)
MEDIUM: medio, con notevoli deviazioni alle tolleranze prescritte (inferiori al 10%)
POOR: scarso, con gravi deviazioni alle tolleranze prescritte (superiori al 10%).
Se un diamante presenta un taglio ideale, i raggi luminosi provenienti da tutte le direzioni vengono deviati verso il centro della pietra e riflessi attraverso la parte superiore con uno sfavillio di luce. Se un diamante non presenta il taglio ideale, la luce andrà a “perdersi” lateralmente (taglio troppo alto) o sul fondo della pietra (taglio troppo basso).
I TAGLI DEL DIAMANTE